Come riscattare la laurea anche se non si lavora?

Il riscatto è quell’istituto previsto per abbreviare l’ultimo periodo dell’età lavorativa, la pensione. Si può dire che con il riscatto del titolo di studio è possibile andare prima in pensione.

Il riscatto degli studi universitari può essere esercitato anche da coloro che non sono iscritti a nessuna forma obbligatoria di previdenza che non abbiano iniziato l’attività lavorativa.

In tutti questi casi il contributo è versato all’Inps e viene rivalutato secondo le regole del sistema contributivo, partendo come riferimento, dalla data della domanda.

Successivamente se lo studente, comincia a lavorare, il montante maturato sarà trasferito, a domanda, presso la gestione previdenziale nella quale l’interessato si iscriverà.

Invece, in assenza di retribuzione o reddito di riferimento, l’onere di riscatto sarà costituito dal versamento di una somma pari, per ogni anno da riscattare, al livello minimo di reddito imponibile previsto per gli iscritti alla gestione commercianti (€ 15.878 nel 2019), moltiplicato per l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche dell’assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti (attualmente pari al 33%).

Si ipotizzi per esempio un giovane di in attesa di occupazione che chiede il riscatto della laurea breve (tre anni).

Nel 2019 l’imponibile contributivo minimo dei commercianti è pari a 15.878 euro. Per calcolare quanto gli costa il riscatto sarà sufficiente applicare il 33% a quell’importo (18.878) e moltiplicare il risultato per i tre anni di università. In totale dovrà spendere € 15.720.

L’onere di riscatto è deducibile?

Per i contribuenti iscritti a una qualsiasi gestione previdenziale, i contributi versati per il riscatto del corso di laurea (sia ai fini pensionistici che ai fini della buonuscita) sono deducibili dal reddito complessivo ai sensi dell’articolo 10 del Tuir, lettera e).

L’onere per il riscatto della laurea è deducibile fiscalmente dall’imponibile Irpef direttamente dall’interessato oppure, se questi non è ancora titolare di reddito, è detraibile dall’imposta dovuta dai soggetti di cui l’interessato risulti fiscalmente a carico (il padre o la madre), nella misura del 19% dell’importo stesso.

Nel modello 730/2022 questi importi devono essere riportati nel rigo “E21 – Contributi previdenziali e assistenziali” e sono deducibili fino a concorrenza del reddito complessivo.


Se le somme relative al riscatto sono versate per familiari a carico (cosiddetti “inoccupati”), spetta invece la detrazione d’imposta del 19% e devono essere indicate nei righi da E8 a E10 (con il codice 32).


Il rigo E56 del modello 730, richiamato nel quesito, è destinato invece ad accogliere le somme (detraibili nella misura del 50%) versate da soggetti, rientranti nel sistema di calcolo contributivo integrale, per riscattare in tutto o in parte periodi precedenti il 30 marzo 2019 non coperti da contribuzione presso forme di previdenza obbligatoria (cosiddetta “pace contributiva”).


Questa possibilità è stata introdotta in via sperimentale, per il triennio 2019-2021, dall’art. 20 del decreto legge n. 4/2019. Del resto, le stesse istruzioni per la compilazione del rigo E56 del modello 730 riportano testualmente: “Non possono essere indicate in questo rigo le somme per cui spetta la detrazione prevista per gli inoccupati (Righi da E8 a E10, codice 32) o per cui spetta la deduzione dal reddito complessivo (rigo E21)”.

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