Schede di valutazione e le pagelle dei dipendenti pubblici

La Corte d’appello di L’Aquila, Sezione Lavoro affronta, con particolare attenzione, il delicato tema delle schede di valutazione del personale dipendente delle pubbliche amministrazioni , richiamando un diffuso orientamento dei giudici di legittimità. Il giudice d’appello, nel confermare la sentenza del primo grado, con la quale era stato respinto il ricorso del dipendente di un comune, tendente ad ottenere la declaratoria di illegittimità della scheda di valutazione del Dirigente dell’ente, offre una adeguata motivazione, con rinvio alla giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. 10450/2000; Cass. 2252/1995). 

Infatti la Corte di Cassazione ha statuito che le valutazioni del datore di lavoro, in ordine al rendimento ed alla capacità professionale del lavoratore, espresse con le note di qualifica, sono sindacabili dal giudice in riferimento ai parametri oggettivi previsti dal contratto collettivo ed agli obblighi contrattuali di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., e, quindi, sul datore di lavoro grava l’onere di motivare queste note, allo scopo di permettere il controllo da parte del giudice dell’osservanza di siffatti parametri. 

Peraltro, detto controllo non è limitato alla mera verifica della coerenza estrinseca del giudizio riassuntivo della valutazione, ma ha ad oggetto la verifica della correttezza del procedimento di formazione del medesimo, che richiede di prendere in esame i dati sia positivi sia negativi rilevanti al fine della valutazione, non potendo invece tenersi conto di quelli estranei alla prestazione lavorativa.

Cosicché il datore di lavoro, sebbene esprima un giudizio che investe aspetti di discrezionalità è tuttavia soggetto ad alcuni limiti, come quelli posti da eventuali criteri obiettivi previsti dal contratto collettivo, gli obblighi di correttezza e buona fede, il divieto di perseguire con gli atti in questione intenti discriminatori o di ritorsione, nonché motivi illeciti od irragionevoli, quali quelli non inerenti al dipendente nella sua specifica qualità di lavoratore. 

Pertanto appare censurabile in sede giudiziaria l’osservanza da parte del datore di lavoro dei predetti limiti, quindi, oltre alla mancanza di motivi illeciti, la ragionevolezza e non contraddittorietà dei giudizi e a tal fine, incombe sul datore di lavoro l’obbligo di motivare adeguatamente, onde consentire una completa disamina delle motivazioni che hanno condotto alla valutazione censurata

Dunque, le note di qualifica, di norma atti meramente interni alla sfera organizzativa del datore di lavoro, sono a priori sottoposte al controllo giudiziale di conformità a legge quando assumono rilievo esterno, ponendosi in rapporto di strumentalità con atti di gestione del rapporto di lavoro (es. affidamento di mansioni; promozioni; concessioni di premi di rendimento). In questi casi il lavoratore ha solo l’onere di dedurre che la valutazione corretta avrebbe comportato il beneficio alla stessa connesso, incombendo sul datore di lavoro la prova dell’esistenza di cause ostative.

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