Il trasferimento degli impiegati statali presso un’altra pubblica amministrazione non estingue un eventuale procedimento disciplinare in itinere. Infatti in questi casi il procedimento dopo essere avviato o concluso la eventuale sanzione disciplinare sarà applicata dall’ente di destinazione.
L’ufficio del personale ha l’obbligo di trasmetere senza ritatdo al servizio del personale della PA di destinazione gli atti e le informazioni del fatto avvenuto prima del trasferimento.
Se non vi è stata la contestazione del procedimento disciplinare quest’ultimo viene interrotto e i termini riprendono a decorre dalla data di ricezione che prima ho menzionato.
Nel caso in cui invece l’amministrazione di provenienza venga a conoscenza dell’illecito disciplinare successivamente al trasferimento del dipendente pubblico la stessa provvede a segnalare subito, i fatti ritenuti di rilevanza disciplinare all’ufficio per i procedimenti disciplinari dell’amministrazione presso cui il lavoratore pubblico è stato trasferito.
Bene, è proprio da questa data, in quest’ultimo caso che decorrono i termini per la contestazione dell’addebito e per la conclusione del procedimento. Gli esiti del procedimento vengono poi comunicati anche all’amministrazione di provenienza del dipendente.
Se invece il dipendente pubblico si dimette si ha la cessazione del rapporto di lavoro che causa l’effetto giuridico di estinguere il procedimento disciplinare salvo che per l’infrazione commessa è prevista la sanzione del licenziamento o comunque è stato disposta la sospensione cautelare dal servizio.
In ogni caso, a norma dell’articolo 55-bis, comma 9 del decreto legislativo numero 165, è esclusa la possibilità di portare a conclusione un procedimento disciplinare a seguito di dimissioni del dipendente.
Il riferimento di cui sopra alla sospensione cautelare del lavoratore in attesa degli atti del processo si fa riferimento ad un procedimento penale in corso.
Procedimento penale connesso con il procedimento disciplinare nel pubblico impiego
In questo caso l’art 55 ter del d.lgs n.165 dispone che il procedimento disciplinare che ha per oggetto in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l’autorità giudiziaria,è proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale.
Per le infrazioni per le quali è applicabile una sanzione superiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a dieci giorni, l’ufficio competente per i procedienti disiciplinari, nei casi di particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato al dipendente e quando all’esito dell’istruttoria non dispone di elementi sufficienti a motivare l’irrogazione della sanzione, può sospendere il procedimento disciplinare fino al termine di quello penale.
In ogni caso il procedimento disciplinare del dipendente pubblico sospeso può essere riattivato qualora l’amministrazione ha possesso di elementi nuovi e sufficienti per concludere il procedimento. Ragione per cui una sentenza di primo o secondo grado potrà riaprire il procedimento sospeso, anzi in questi casi l’amministrazione che ha proceduto alla sanzione può essere responsabile di danno erariale in capo all’UPD.
Cosa è l’UPD?
L’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (UPD) è lo specifico organismo che ogni pubblica amministrazione deve costituire per gestire i procedimenti disciplinari. Con l’entrata in vigore del d.lgs. 75/2017 le competenze di questo Ufficio si sono notevolmente aggravate, avendo in pratica assorbito per intero la competenza dell’azione disciplinare nei confronti dei dipendenti.
Se in capo al responsabile della struttura è ora rimasta la sola sanzione del rimprovero verbale, per le aree dirigenziali la competenza dell’UPD è totale in quanto, come è noto, per i dirigenti non è previsto il rimprovero verbale.
Attestazione falsa della propria presenza in servizio.
La vicenda, quindi, si è svolta in vigenza dell’art. 55-bis del d.lgs. 165/2001, ante modifica attuata dal d.lgs. 75/2017.
Rinviando alla lettura integrale della sentenza per comprenderne i dettagli, di seguito si riporta una sintesi degli aspetti salienti:
– nella fattispecie, la competenza del procedimento disciplinare è sicuramente dell’Ufficio per i procedimenti disciplinari;- il termine perentorio per la contestazione dell’addebito decorre da quando l’ufficio competente a dare avvio al procedimento (UPD) entra in possesso di una notizia dell’infrazione che sia qualificata ovvero con caratteri tali da consentire una circostanziata e precisa contestazione; pertanto, è possibile che trascorra anche un significativo lasso di tempo da quando il responsabile della struttura cui appartiene il dipendente ha una conoscenza generica dell’accaduto e quindi ritenga necessario attendere l’esito di verifiche ed approfondimenti preliminari (accertamento compiuto dei fatti) prima di effettuare la segnalazione (nella fattispecie, le indagini penali hanno assolto a questa funzione);
– il termine entro il quale il responsabile della struttura di assegnazione del dipendente deve informare l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari è ordinatorio; sono perentori e la loro violazione ha effetti decadenziali soli i termini di contestazione dell’addebito e di conclusione del procedimento disciplinare;
– se non vi sono le condizioni per avviare formalmente il procedimento disciplinare, ancorché in pendenza di giudizio penale, ovviamente nessuna sospensione può operare; la sospensione facoltativa (come ipotesi eccezionale) del procedimento disciplinare può, invece, essere disposta in pendenza del giudizio penale quando ricorrano illeciti gravi, in presenza di accertamenti particolarmente complessi;
– l’art. 55-quater del d.lgs. 165/2001 sanziona con il licenziamento la falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente; la registrazione a sistema è corretta e non falsa solo se nell’intervallo compreso tra le timbrature in entrata ed in uscita il lavoratore è effettivamente presente, mentre è falsa e fraudolentemente attestata nei casi in miri a far emergere, in contrasto con il vero, che il lavoratore è presente in ufficio dal momento della timbratura in entrata a quello della timbratura in uscita;- il datore di lavoro ha l’onere di provare la falsa attestazione di presenza in servizio (condotta) nella sua oggettività e di contro spetta al lavoratore provare eventuali ed adeguati elementi giustificativi dell’assenza;
– la fattispecie disciplinare di cui si discorre è di fonte legale e non per ipotesi contemplate dal codice disciplinare; pertanto, non assume rilievo l’eventuale mancata affissione del codice disciplinare.