Illegittima fruizione di buoni pasto

Il dipendente pubblico che falsamente attesti la propria presenza in servizio per il tempo necessario (rientro pomeridiano del prescritto minimo di ore) al concretizzarsi delle condizioni di maturazione del diritto al buono pasto, mediante dichiarazioni rivelatesi mendaci (si trovava in luogo diverso dalla sede di lavoro o ivi si tratteneva per un tempo inferiore al dichiarato) è responsabile di danno erariale.

Ciò vale anche per i dirigenti che, pur avendo un orario di lavoro caratterizzato da flessibilità ed auto responsabilizzazione, hanno diritto al benefico in contesto solo alle precise condizioni contrattuali, che fissano in un minino di ore (tre nella fattispecie) l’attività da rendere, in sede o altrove purché debitamente documentata, oltre l’ordinario orario.

In sostanza, quanto sopra, integra tutti gli elementi essenziali della responsabilità patrimoniale ovvero: condotta antigiuridica, danno erariale, nesso di causalità tra condotta ed evento dannoso, elemento soggettivo del dolo.

La vicenda è trattata nella sentenza della Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, 9 dicembre 2020, n. 97, depositata il 27 gennaio 2021.

I magistrati contabili rammentano, poi, la natura giuridica del buono pasto che non è elemento integrativo della retribuzione, bensì agevolazione di carattere assistenziale (cfr. Cassazione civile, sentenza 17 luglio 2003, n. 11212; Cassazione civile, sezione lavoro, sentenza 21 luglio 2008, n. 20087).

Inoltre, come statuito sempre dalla Suprema Corte, con sentenza della sezione Lavoro 28 novembre 2019, n. 31137:”Nel pubblico impiego contrattualizzato l’effettuazione della pausa pranzo è condizione per l’attribuzione del buono pasto e tale effettuazione, a sua volta presuppone, come regola generale, che il lavoratore osservi in concreto un orario di lavoro giornaliero di almeno sei ore (oppure altro orario superiore minimo indicato dalla contrattazione collettiva), sicché la suddetta attribuzione compete solo per le giornate di cui si verifichino le suindicate condizioni.

Del resto, l’istituto dei buoni pasto è stato introdotto nel nostro ordinamento per favorire l’estensione dell’orario di lavoro europeo nelle Amministrazioni pubbliche nazionali, onde incrementarne l’efficienza, la fruibilità dei servizi, i rapporti interni ed esterni”.

Tale collegamento inevitabile tra il diritto alla percezione dei buoni pasto e la presenza in servizio ha fondato la motivazione della sentenza del Tribunale di Venezia 8 luglio 2020, n. 1069, che ha escluso la spettanza del buono pasto per i lavoratori collocati in smart working, poiché la prestazione lavorativa è svolta a casa e non in ufficio.

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