Il telelavoro è una modalità flessibile di esecuzione della prestazione lavorativa. Consiste nella prestazione di lavoro eseguita dal dipendente di una delle Amministrazioni pubbliche in qualsiasi luogo ritenuto idoneo, collocato al di fuori della sede di lavoro, dove la prestazione sia tecnicamente possibile, con il prevalente supporto di tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che consentano il collegamento con l’amministrazione.
La possibilità per le Amministrazioni pubbliche di servirsi di contratti di telelavoro è contemplata dall’art. 4, legge 16 giugno 1998, n. 191 secondo cui le stesse possono installare, nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio, apparecchiature informatiche e collegamenti telefonici e telematici necessari, e possono autorizzare i propri dipendenti a effettuare, a parità di salario, la prestazione lavorativa in luogo diverso dalla sede di lavoro, previa determinazione delle modalità per la verifica dell’adempimento della prestazione lavorativa.
L’art. 1, comma i del CCNL 14 settembre 2000 prevede espressamente che
il telelavoro determina una modificazione del luogo di adempimento della prestazione lavorativa realizzabile, con l’ausilio di specifici strumenti telematici, nella forma del lavoro domiciliare, che comporta la prestazione dell’attività lavorativa dal domicilio del dipendente, o nella forma del lavoro a distanza, che comporta la prestazione lavorativa da centri appositamente attrezzati distanti dalla sede dell’ente e al di fuori del controllo diretto del dirigente.
Il comma 2 dello stesso articolo definisce poi la modalità e gli obiettivi della disciplina del telelavoro negli Enti locali, prevedendo la preventiva informazione alle organizzazioni sindacali tesa alla “definizione di progetti per la sperimentazione del telelavoro al fine di razionalizzare l’organizzazione del lavoro e di realizzare economie di gestione attraverso l’impiego flessibile delle risorse umane.
Tuttavia tale obiettivo, di fatto, in questi anni è stato difficilmente perseguibile.