L’istituto del preavviso è previsto nell’interesse della parte nei confronti della quale si fa valere il recesso unilaterale dal contratto di lavoro, in modo che la stessa possa limitare il danno derivante dalla cessazione del rapporto.
In mancanza del preavviso, la parte che risolve il rapporto di lavoro è tenuta a corrispondere all’altra parte una indennità pari all’importo della retribuzione spettante per il periodo di mancato preavviso.
L’obbligo del preavviso è previsto dall’art. 2118 c.c., mentre i relativi termini sono stabiliti dai contratti collettivi. In base all’art. 39 del C.C.N.L. del 6 luglio 1995, come sostituito dall’art. 6 del C.C.N.L. del 13 maggio 1996, i termini di preavviso sono i seguenti:
a) 2 mesi per i dipendenti con anzianità di servizio fino a 5 anni;
b) 3 mesi per i dipendenti con anzianità di servizio fino a 10 anni;
c) 4 mesi per i dipendenti con anzianità di servizio oltre i 10 anni.
In caso di dimissioni del dipendente pubblico i termini del preavviso sono ridotti alla meta. I termini del preavviso decorrono dal primo o dal sedicesimo giorno di ciascun mese. La parte che riceve la comunicazione di recesso ha la facoltà di risolvere il rapporto di lavoro sia all’inizio, sia durante il periodo di preavviso, con il consenso della parte recedente. In tal caso non è dovuta l’indennità di mancato preavviso.
Il comma 6 dell’art. 39 del C.C.N.L. 6 luglio 1995 stabilisce che l’assegnazione delle ferie non può avvenire durante il periodo di preavviso e che, conseguentemente, in caso di preavviso lavorato, si procede al pagamento sostitutivo delle stesse. Tale disposizione costituisce applicazione di quanto stabilito dall’art. 2109, comma 4, del c.c. in base al quale il periodo di preavviso non può essere computato nelle ferie.
Per i dirigenti i termini di preavviso sono fissati dall’art. 31.del CC.NLL. del 10 aprile 1996, nel modo Seguente: a) 8 mesi per i dirigenti con anzianità di servizio fino a 2 anni; b) ulteriori 15 giorni per ogni successivo anno di anzianità fino ad un Massimo di altri 4 mesi di preavviso.
In caso di dimissioni del dirigente i termini sono ridotti ad un quarto. Le altre disposizioni in materia di preavviso dei dirigenti sono simili a quelle previste per il restante personale. Una interessante differenza, rispetto alla disciplina generale, è prevista dal comma 10 del citato art. 31 che prevede la sostituzione del nulla osta dell’amministrazione di appartenenza con il preavviso di 4 mesi, qualora il dirigente presenti domanda di trasferimento ad altra amministrazione del comparto,
Riammissione in servizio
Lart. 3, comma 12, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, ha esteso l’applicazione dell’art. 132 del t.u. approvato con d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (statuto degli impiegati civili dello Stato) anche al personale degli enti locali, che si trovino in condizioni di equilibrio finanziario.
In forza della predetta disposizione può chiedere di essere riammesso in servizio il dipendente di ruolo cessato dal servizio per dimissioni o per collocamento a riposo o per decadenza dall’impiego per mancata assunzione del servizio entro il termine prefissato ovvero per assenza ingiustificata dall’ufficio per il termine previsto dai singoli ordinamenti.
A seguito della sentenza della Corte Costituzionale 26 gennaio 1994, n. 3, il dipendente dispensato dal servizio per motivi di salute può chiedere di essere riammesso in servizio, se il suo stato di salute si sia ristabilito. La riammissione in servizio è subordinata alla vacanza del posto ed è rimessa al potere ampiamente discrezionale dell’amministrazione nella valutazione della sussistenza di un pubblico interesse alla reintegrazione nella organizzazione burocratica.
Si rileva che ai sensi dell’art. 51 del CC.NL. 14 settembre 2000, dalla data di stipulazione del predetto contratto collettivo, ai sensi dell’art. 72, comma 1, del d.lgs. n. 29 del 1993 | ora trasfuso nell’art. 69, comma 1, del digs. n. 165 del 2001), cessano di produrre effetti le norme generali e speciali del pubblico impiego limitatamente agli istituti del rapporto di lavoro.
L’abrogazione della suesposta disciplina può essere desunta anche dal fatto che il medesimo C.C.N.L. 14 settembre 2000 detta una nuova disciplina della riammissione in servizio, che viene denominata nella nuova impostazione giuridica in senso privatistico “ricostituzione del rapporto di lavoro”. L’art. 26 del citato contratto delimita nel suo ambito oggettivo e temporale l’applicazione dell’istituto della riammissione in servizio. Ai sensi del citato articolo, solo il dipendente il cui rapporto di lavoro si sia interrotto per effetto di dimissioni può richiedere entro 5 anni dalla data delle stesse, la ricostituzione del rapporto di lavoro. In caso di accoglimento della richiesta, il dipendente è ricollocato nella medesima posizione rivestita al momento delle dimissioni.
Altra fattispecie in cui è consentita la ricostituzione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego è data senza alcun limite temporale nei casi previsti dalla legge in correlazione con l’acquisto della cittadinanza italiana o di uno dei paesi dell’Unione Europea. Si precisa che in ogni caso condizione essenziale per la ricostituzione del rapporto di lavoro è la disponibilità del corrispondente posto nella dotazione organica dell’ente.