Generalmente la normativa generale consente a chi ha un rapporto di pubblico impiego la possibilità di sperimentare un diverso lavoro sia esso pubblico che privato al fine di poter scegliere quale dei due proseguire ovvero solo per arricchimento professionale anche utile, in estrema analisi, all’amministrazione di appartenenza.
Tuttavia “resta incerto se il regime di aspettativa, laddove non espressamente derogato, possa ex se determinare la sospensione dell’incompatibilità di cui all’art. 65 del D.P.R. n. 3/1957 (divieto del cumulo di impieghi)”.
Questa problematica abbraccia i caratteri generali concernenti la disciplina in materia di incompatibilità e cumulo di impieghi, la cui corretta applicazione è oggetto di particolare attenzione da parte del Dipartimento della Funzione Pubblica.
Il generale divieto di svolgimento, da parte del dipendente pubblico, di incarichi e attività extraistituzionali è un principio di diretta derivazione del principio di esclusività la cui disciplina, in quanto concorrente all’attuazione di principi contenuti nella nostra Costituzione, è riservata alla legge ed è, pertanto, suscettibile di temperamenti solo mediante deroghe legislative espresse.
L’articolo 60 del D.P.R. n. 3 del 1957 stabilisce che “L’impiegato non può esercitare il commercio, l’industria, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società o enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e sia all’uopo intervenuta l’autorizzazione del Ministro competente”.
A tal proposito fanno da corollario ulteriori previsioni contenute nel medesimo decreto presidenziale tra le quali è bene ricordare, per la sua portata anch’essa generale, il divieto di cumulo degli impieghi pubblici posto dall’art. 65, secondo cui “Gli impieghi pubblici non sono cumulabili, salvo le eccezioni stabilite da leggi speciali.” con la conseguenza che “l’assunzione di altro impiego nei casi in cui la legge non consente il cumulo importa di diritto la cessazione dall’impiego precedente“.
In deroga all’articolo 60 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ivi compresi gli appartenenti alle carriere diplomatica e prefettizia, e, limitatamente agli incarichi pubblici, i magistrati ordinari, amministrativi e contabili e gli avvocati e procuratori dello Stato sono collocati, salvo motivato diniego dell’amministrazione di appartenenza in ordine alle proprie preminenti esigenze organizzative, in aspettativa senza assegni per lo svolgimento di attività presso soggetti e organismi, pubblici o privati, anche operanti in sede internazionale, i quali provvedono al relativo trattamento previdenziale.
Resta ferma la disciplina vigente in materia di collocamento fuori ruolo nei casi consentiti.
Il periodo di aspettativa comporta il mantenimento della qualifica posseduta. E’ sempre ammessa la ricongiunzione dei periodi contributivi a domanda dell’interessato, ai sensi della legge 7 febbraio 1979, n. 29, presso una qualsiasi delle forme assicurative nelle quali abbia maturato gli anni di contribuzione…..”.
Quindi lo “svolgimento di attività presso soggetti pubblici” è quindi ammesso dal legislatore.
La circostanza che non sia specificata la natura del rapporto che si va ad instaurare con il soggetto pubblico e il ricorso al regime dell’aspettativa, che presuppone lo svolgimento di attività assorbenti sotto il profilo dell’impegno lavorativo, inducono a ritenere esclusa in astratto la possibilità dell’utilizzo dell’istituto in questione nei casi di instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato con altra pubblica amministrazione, conseguentemente al positivo esperimento di procedure di carattere selettivo.
Una conclusione diversa determinerebbe una disparità di trattamento tra i dipendenti che intendano avvalersi di tale istituto per lo svolgimento di esperienze lavorative mediante attivazione di rapporti di lavoro di tipo subordinato a tempo determinato con altri soggetti pubblici e i dipendenti che intendano avvalersene per lo svolgimento di attività identiche e al medesimo titolo in favore di soggetti privati, sia pure – in questo caso – nel rispetto del limite temporale di 5 anni previsto dal comma 4 del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001.
Né può essere sottovalutato il riferimento alla nozione di “soggetto pubblico” che – anche considerando il contesto della disciplina del decreto legislativo n. 165 del 2001 in cui la norma in esame è inserita – consente di ricomprendervi sia le amministrazioni individuate nell’art. 1, comma 2, del medesimo testo, sia altri soggetti per i quali la natura pubblica sia desumibile per legge e atto costitutivo.
Ora, poiché, come correttamente osservato nella richiesta di parere, è vigente nel nostro ordinamento il divieto di cumulo di impieghi pubblici posto dal citato art. 65 del d.P.R. n. 3 del 1957, dovrebbe allora ritenersi che la norma in esame configuri una delle possibili eccezioni cui si fa rinvio nel citato art. 65 per cui la concessione dell’aspettativa non retribuita per il periodo corrispondente alla durata del nuovo rapporto che si va ad instaurare varrebbe quale rimozione temporanea del limite posto dal divieto di cumulo di impieghi pubblici.
Tuttavia, in assenza di indicazioni è importante per le amministrazioni chiamate ad esprimersi sulla richiesta di aspettativa, l’utilità della fissazione di criteri generali tramite adozione di atti di regolazione interna, per assicurare la regolare prosecuzione delle attività istituzionali dell’amministrazione e scongiurare la sussistenza di potenziali conflitti d’interesse in concreto.
Si ricorda, infatti, che il collocamento in aspettativa di cui trattasi è consentito – come sopra visto – in deroga all’art. 60 del d.P.R. n. 3 del 1957 “salvo motivato diniego dell’amministrazione di appartenenza in ordine alle proprie preminenti esigenze organizzative”.
Va inoltre evidenziato che la norma pone a carico del soggetto presso cui è svolta la diversa esperienza lavorativa gli oneri relativi al trattamento previdenziale, ferma restando la ricongiunzione dei periodi contributivi a domanda dell’interessato.
Per le motivazioni sopra illustrate deve quindi ritenersi che , in ragione della sua descritta specialità, l’aspettativa di cui all’art. 23-bis del d.lgs. n. 165 del 2001 possa trovare applicazione esclusivamente in termini di residualità rispetto ad altri istituti previsti da norme di rango legislativo che disciplinano con maggior dettaglio fattispecie in cui il dipendente pubblico può prestare servizio per un’amministrazione diversa da quella nei cui ruoli è inquadrato e, comunque, subordinatamente alla previa valutazione dell’esigenze organizzative e in funzione del perseguimento di obiettivi di crescita professionale del dipendente interessato.
Fonti normative
Si pensi in proposito alle previsioni in materia di incarichi dirigenziali conferiti ai sensi dell’art. 19, comma 5-bis e e comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001 ovvero dell’articolo 110 del d.lgs. n. 165 del 2000, o per il personale non dirigenziale ai provvedimenti di assegnazione temporanea o ancora al regime di aspettativa per l’esperimento del periodo di prova previsto dalla contrattazione.
Nel solco della disciplina dell’art. 23-bis del d.lgs. n. 165 del 2001 l’art. 10, comma 8, del CCNL 10 febbraio 2004, come modificato dall’art. 24, comma 13, del CCNL 3 novembre 2005 dell’Area della dirigenza medico-veterinaria prevede, ad esempio, che i soggetti presso cui i dirigenti medici e veterinari interessati possono svolgere un’esperienza professionale nel regime di aspettativa dell’art. 23-bis del d.lgs. n. 165 del 2001 presso gli organismi pubblici o privati dell’Unione europea, gli ospedali pubblici dei paesi dell’Unione europea e gli organismi internazionali, e questo nell’ottica del riconoscimento di un’esperienza.
V. Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 21 luglio 2005, n. 3914.
Art. 37 comma 2 del CCNL – comparto Università 2006/2009 art. 18 del CCNL – comparto scuola 2006/2009 – e art. 7, comma 8, del CCNL Integrativo Ministeri del 16 maggio 2001.
Fanno eccezione per la disciplina di dettaglio ivi contenuta le speciali previsioni dell’art. 10, comma 8, del CCNL 10 febbraio 2004, come sostituito dall’art. 24, comma 13, e dell’art. 3 novembre 2005 dell’Area IV medico-veterinaria e dell’art. 10, comma 8, del CCNL 10 febbraio 2004, come integrato dall’articolo 24, comma 15, CCNL 3 novembre 2005 dell’Area III Dirigenza sanitaria, professionale, tecnica ed amministrativa.