I dipendenti pubblici e privati hanno diritto a permessi lavorativi a condizione che siano in possesso del certificato di handicap con connotazione di gravità (art. 3, comma 3, legge 104/1992). Questi permessi di tre giorni al mese o, in alternativa, di due ore al giorno sono retribuiti e coperti da contributi figurativi.
Questi permessi lavorativi, previsti dall’articolo 33 della legge 104/1992, non vengono concessi nel caso il lavoratore abbia ottenuto il solo riconoscimento dell’handicap senza connotazione di gravità (art. 3, comma 1, legge 104/1992). È quindi importante verificare cosa prevede il proprio verbale. La domanda di concessione dei permessi va rivolta all’azienda (o amministrazione) e all’INPS usando specifici moduli e allegando il verbale di handicap grave. I moduli si possono reperire presso qualsiasi CAF o Patronato sindacale oppure online sul sito dell’INPS. Una volta concessi, l’articolazione dei permessi va concordata con l’azienda o con l’amministrazione. I tre giorni di permesso possono, se l’azienda è d’accordo, essere anche frazionati in ore.
CONGEDI PER CURE
I lavoratori con invalidità superiore al 50% possono richiedere fino a 30 giorni annui di congedo per cure connesse alla propria infermità riconosciuta. (riferimento Legge 118/1971, Decreto legislativo 509/1988).
Il primo requisito è quella della percentuale minima di invalidità, fissata, da ultimo, nel 1988 al 50%.
Ma essere invalidi non è sufficiente: è necessario sia certificata la necessità di cure e che tali cure siano correlate all’infermità (affezione, patologia, o menomazione) invalidante già accertata, quale – ad esempio – una patologia oncologica.
Tornando alla procedura per l’ottenimento dei congedi la condizione di malattia e la correlazione con l’origine dell’invalidità devono essere dichiarate – e quindi autorizzate – da un medico competente. La norma originaria si riferisce al “medico provinciale” le cui funzioni sono assorbite attualmente dall’Azienda sanitaria locale.
La richiesta del congedo – unitamente alla certificazione del medico ASL – va inoltrata dal lavoratore al datore di lavoro.
La giurisprudenza ha più volte ribadito che il datore di lavoro non ha alcuna discrezionalità nella concessione del congedo e neppure nella limitazione delle durata.
Il datore di lavoro non può, quindi, che prendere atto della comunicazione del lavoratore, che è obbligato a trasmetterla nelle forme previste dal proprio Contratto Collettivo di Lavoro o, se in questo non vi sono indicazioni, in modalità analoga alle comunicazioni relative alla “ordinaria” malattia.
I congedi per cure sono retribuiti rientrando nella “categoria” di assenza per la malattia (2110, Codice Civile).
L’articolo 2118 del Codice Civile stabilisce che in caso di malattia il datore di lavoro ha diritto di recedere solo una volta che sia decorso il cosiddetto “periodo di comporto” individuato dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro.
Alle autonomia collettiva è demandata la possibilità di estendere quel periodo nelle particolari ipotesi di malattie lunghe, caratterizzate dalla necessità di cure post-operatorie, terapie salvavita e di una conseguente gestione flessibile dei tempi di lavoro. Le assenze per congedi per cure non vanno computati nel periodo di comporto. Si tratta di un congedo ulteriore, peraltro “retribuito a carico del datore di lavoro”.
La pubblica amministrazione è tenuta ad assumere persone con disabilità nella quota d’obbligo prevista dalla normativa
La pubblica amministrazione è tenuta ad assumere persone con disabilità nella quota d’obbligo prevista dalla normativa e ad osservare precisi vincoli per effettuare le assunzioni in conformità a quanto previsto dall’art. 35 del Decreto Legislativo n. 165/2001 in tema di procedure per le assunzioni presso le pubbliche amministrazioni.
L’art. 3 della legge 68/99 prevede che i datori di lavoro, pubblici, come quelli privati, sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratoriinvalidi nella seguente misura:
a) 7% dei lavoratori occupati, se occupano più di 50 dipendenti;
b) 2 lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti;
c) 1 lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti.
Le persone con disabilità in età lavorativa (che abbiano compiuto i 18 anni e che non abbiano raggiunto l’età pensionabile) e disoccupate possono essere assunte presso i datori di lavoro pubblici purché appartenenti ad una delle seguenti categorie:
- invalidi civili (persone affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali o portatrici di handicap intellettivo) con un riconoscimento di invalidità superiore al 45%, nonché alle persone nelle condizioni di cui all’art. 1 – comma 1 della Legge n. 222/1984. L’art. 2 del Decreto Legislativo n. 151 del 14 settembre 2015, emanato in attuazione della legge n. 183/2014 (Jobs Act) ha modificato l’art. 1 – comma 1, lettera a) della legge n. 68/99 ampliando la platea degli aventi diritto alle persone la cui capacità di lavoro, in occupazioni confacenti alle proprie attitudini, sia ridotta in modo permanente a causa di infermità o difetto fisico o mentale, a meno di un terzo (percettori di assegno ordinario di invalidità di cui all’art. 1, comma 1, della legge 12 giugno 1984, n. 222);
- invalidi del lavoro (con un riconoscimento di invalidità INAIL superiore al 33%);
- non vedenti (persone colpite da cecità assoluta o che hanno un residuo visivo non superiore ad un decimo ad entrambi gli occhi);
- sordi (persone colpite da sordità alla nascita o prima dell’apprendimento della lingua parlata);
- invalidi di guerra, invalidi civili di guerra, invalidi per servizio (con minorazioni ascritte dalla I all’VIII categoria di cui alle tabelle annesse al T.U. in materia di pensioni di guerra).
La quota d’obbligo è calcolata sulla scopertura dell’organico.
N. B. – Agli enti pubblici economici si applica la disciplina prevista per i datori di lavoro privati (art. 3 – comma 6 Legge n. 68/99).
Queste le modalità per essere assunti nella Pubblica Amministrazione:
- tramite concorsi pubblici che devono essere espletati per i profili professionali per i quali è previsto il possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado e/o laurea; la persona da assumere deve essere individuata tramite concorso pubblico gestito direttamente dall’ente che deve assumere (art. 35 del Decreto Legislativo 165/2001) – (Attenzione al fatto che l’art. 3 della legge n. 127/97 ha abolito il limite di età per la partecipazione ai concorsi, salvo deroghe dettate da regolamenti delle singole amministrazioni. Rimane il limite minimo fissato nel 18° anno di età dall’art. 2 – comma 1 del DPR n. 3/1957);
- tramite avviamento da parte del Centro per l’impiego con chiamata numerica (per i profili per i quali è necessario il solo requisito della scuola dell’obbligo);
- tramite le convenzioni per l’inserimento lavorativo (ex art. 11), procedendo, quindi, solo in questo caso, con chiamata nominativa.
Per le assunzioni che non richiedono il concorso la p.a. procede con chiamata numerica con verifica della compatibilità dell’invalidità con le mansioni da svolgere.
Gli uffici possono procedere anche previa chiamata con avviso pubblico e con graduatoria limitata a coloro che aderiscono alla specifica occasione di lavoro come previsto dall’art. 7 bis della legge n. 68/9 introdotto dal decreto legislativo n. 151/2015 che ha, nello stesso tempo, abrogato il comma 5 dell’art. 9 legge n. 68/99 che già prevedeva questa procedura.
Possono essere stipulate anche le Convenzioni di cui all’art. 11 della legge n. 68/99 con i Centri per l’Impiego, con le quali si prevede un programma mirante all’inserimento lavorativo della persona disabile. I datori di lavoro pubblici che vogliano adempire all’obbligo tramite convenzione ex art. 11 devono inoltrare la richiesta entro 60 giorni dalla trasmissione di una proposta di convenzione. La possibilità di effettuare assunzioni con chiamata nominativa è limitata al caso di stipula della Convenzione.
Per le assunzioni per le quali è richiesta la prova selettiva (concorso pubblico) le persone disabili iscritte nelle liste speciali, hanno diritto alla riserva dei posti nei limiti della complessiva quota d’obbligo e fino al 50% dei posti messi a concorso (art. 7 – comma 2 della legge n. 68/99).
Il Ministero del Lavoro nell’interpello n. 50 del 2011, mentre conferma che l’iscrizione nell’elenco di cui all’art. 8 della legge 68/99 costituisce presupposto per accedere alla riserva dei posti nelle procedure selettive e condizione per la chiamata numerica e nominativa, specifica che, in caso di concorso, l’iscrizione alle liste del collocamento non è indispensabile per la partecipazione alla procedura selettiva, ma solo al momento della sottoscrizione del contratto di lavoro. Su questo punto sarebbe necessario un ulteriore definitivo chiarimento in quanto l’art 7 della legge n. 68/99 non è mai stato modificato e molte pubbliche amministrazioni continuano a prevedere, nei bandi di concorso riservati a persone con disabilità (art. 1 legge n. 68/99), l’iscrizione nelle liste del collocamento obbligatorio e quindi lo stato di disoccupazione, come requisito indispensabile per partecipare al concorso.
Sono poi intervenute anche le innovazioni del Decreto legge n. 90/2014 (cosiddetto Decreto Semplificazioni), convertito con modificazioni dalla legge n. 114/2014, che l’interpello n. 50/2011 sembra anticipare.
Infatti, mentre l’art. 16 – comma 2 della legge 68/99 prevedeva che i disabili risultati idonei nei concorsi pubblici potessero essere assunti, ai fini dell’adempimento dell’obbligo, anche se non “in stato di disoccupazione” e oltre il limite dei posti ad essi riservati nel concorso, l’art. 25 – comma 9 bis del Decreto Legge n. 90/2014, inserito in fase di conversione, ha modificato il secondo comma dell’articolo 16 della legge 68/1999 abolendo l’inciso relativo alla disoccupazione.
Si prevede così che la persona con disabilità, risultata idonea in un pubblico concorso, deve essere comunque disoccupata al momento dell’assunzione, anche se ha trovato un altro lavoro nel periodo, talvolta anche molto lungo, in cui è rimasta in attesa dell’assunzione.
I bandi di concorso prevedono speciali modalità di svolgimento delle prove di esame per consentire alle persone disabili di concorrere in effettive condizioni di parità con gli altri candidati. Salvi i requisiti di idoneità specifica per singole funzioni, sono abrogate le norme che richiedono il requisito della sana e robusta costituzione.
L’art. 25 – comma 9 del Decreto legge n. 90/2014 ha modificato l’art. 20 della legge n. 104/92 aggiungendo il comma 2-bis in cui si prevede che una persona con invalidità uguale o superiore all’80% non è tenuta a sostenere la prova preselettiva eventualmente prevista nel concorso pubblico.
I concorrenti che chiedono l’esonero dalla preselezione dovranno produrre una certificazione attestante la percentuale di invalidità posseduta.
Blocco delle assunzioni nella Pubblica Amministrazione
Il blocco delle assunzioni nella Pubblica Amministrazione non è da considerarsi nel caso delle categorie protette e nel limite del completamento della quota d’obbligo.
Lo specifica la Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica 14 dicembre 2009, n. 6 sottolineando che la mancata copertura della quota d’obbligo riservata alle categorie protette è espressamente sanzionata sul piano penale, amministrativo e disciplinare secondo quanto previsto dall’art. 15, comma 3, della legge 12 marzo 1999, n. 68. L’obbligo di copertura della quota, previa rideterminazione del fabbisogno e in deroga al blocco di assunzioni nella Pubblica Amministrazione, è ribadita dall’art. 7, comma 6 del Decreto Legge 31 agosto 2013, n. 101 – convertito con modificazioni dalla Legge 30 ottobre 2013, n. 125
Dove andare
E’ consigliabile recarsi presso il Centro per l’impiego della propria zona di residenza per l’iscrizione alla liste speciali; qui è possibile consultare i prospetti informativi dei datori di lavoro obbligati all’assunzione: i prospetti sono pubblici e consultabili, in spazi aperti al pubblico, ai sensi della legge 241/91 che garantisce il diritto d’accesso ai documenti amministrativi (art. 9 comma 6 Legge 68/99).
Presso il Centro per l’Impiego è possibile inoltre informarsi sugli avvisi pubblici relativi alle chiamate a graduatoria limitata (chiamata con avviso pubblico).
Si rinvia alle specifiche schede di approfondimento su: assunzione nella pubblica amministrazione tramite concorso pubblico, prove di esame nei concorsi pubblici, chiamata con avviso pubblico, certificato di idoneità alle funzioni da svolgere.
Normativa di riferimento
- Decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3: “Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato”;
- Legge 12 giugno 1984 n. 222: “Revisione della disciplina della invalidità pensionabile”;
- Legge 15 maggio 1997, n. 127: “Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo”;
- Legge 12 marzo 1999, n. 68: “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”;
- Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165: “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”;
- Circolare Dipartimento Funzione Pubblica 14 dicembre 2009, n. 6: “Decreto legge 1° luglio 2009, n. 78. Articolo 17, comma 7. Divieto di nuove assunzioni”;
- Decreto Legge 31 agosto 2013, n. 101: “Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni. convertito con modificazioni dalla Legge . 30 ottobre 2013, n. 125;
- Decreto Legge 24 giugno 2014, n. 90: “Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari convertito con modificazioni dalla Legge 11 agosto 2014, n. 114”;
- Legge 10 dicembre 2014, n. 183: “Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro”;
- Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 151: “Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183”.
A SCELTA DELLA SEDE DI LAVORO
Coniugare le esigenze familiari con quelle lavorative è un’impresa difficile per tutti, ma lo è ancora di più per i lavoratori che assistono familiari disabili e per gli stessi lavoratori disabili. In queste difficoltà gioca un ruolo fondamentale la sede di lavoro: la scelta della sede di lavoro, la richiesta di trasferimento, il rifiuto al trasferimento. Di tali aspetti si occupano gli articoli 21 e 33 della Legge 5 febbraio 1992, n. 104.
LA SCELTA DELLA SEDE
I commi 5 e 6 dell’articolo 33 della Legge 104/1992 prevedono che il genitore o il familiare lavoratore e il lavoratore disabile hanno diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio.
Questa disposizione, proprio a causa di quel “ove possibile”, si configura come un interesse legittimo, ma non come un diritto soggettivo insindacabile.
Di fatto, quindi, l’azienda può opporre rifiuto motivandolo con ragioni di organizzazione del lavoro.
Le condizioni per accedere a questo beneficio sono comunque legate, per i familiari, all’effettiva assistenza del congiunto con disabilità. Anche per questo beneficio, come per i permessi lavorativi , non è richiesta la convivenza.
L’interpretazione ormai prevalente e consolidata è che l’agevolazione riguardi le persone con handicap con connotazione di gravità, beneficiarie di tutte le agevolazioni previste dall’articolo 33 della Legge 104/1992. Questa annotazione è necessaria in quanto il comma 5 non indica esplicitamente la gravità dell’handicap.
Una disposizione particolare (articolo 21) riguarda le persone handicappate “con un grado di invalidità superiore ai due terzi”.
Nel caso vengano assunti presso gli enti pubblici come vincitori di concorso o ad altro titolo, hanno diritto di scelta prioritaria tra le sedi disponibili.
IL RIFIUTO AL TRASFERIMENTO
I commi 5 e 6 dell’articolo 33 della Legge 104/1992 prevedono che il genitore o il familiare lavoratore e il lavoratore disabile non possono essere trasferiti senza il loro consenso ad altra sede. Diversamente da quanto previsto per la scelta della sede, il rifiuto al trasferimento si configura come un vero e proprio diritto soggettivo.
Si tratta infatti di una disposizione che rafforza ed estende quanto già previsto dal Codice Civile. All’articolo 2103 prevede, fra l’altro, che il lavoratore non possa essere trasferito da un’unità produttiva all’altra senza comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.
In caso di violazione si può ricorrere al Giudice, previa eventuale diffida attraverso il legale, con fortissime probabilità che l’azienda soccomba in giudizio.
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