La cittadinanza
Il requisito della cittadinanza per l’accesso alla funzione pubblica è sempre richiesto nell’ordinamento italiano, tanto è vero che lo Statuto degli impiegati civili dello Stato del 1957 prevede tra i requisiti generali per accedere agli impieghi civili dello Stato il requisito della cittadinanza.
Sin dalla storia questo requisito ha l’obiettivo un obiettivo, cioè quello di consentire in condizioni di parità, a tutti gli appartenenti alla comunità di potervi accedere, al fine di superare le riserve ed i privilegi del passato.
Questo diritto infatti, affermato dalle carte settecentesche dei diritti ed in particolare dall’articolo 6 della Déclaraton des droits de l’homme et du citoyen del 1789, afferma l’opportunità per tutti i cittadini, essendo noi uguali di fronte alla legge, egualmente ammissibili per dignità, ai posti ed impieghi pubblici, secondo la capacità di ognuno di noi e senza altra distinzione che delle proprie virtù e talenti.
Fantastico no!
Anche la Costituzione italian ha implicitamente accettato la postazione che privilegia il legame tra cittadini e funzioni pubbliche configurando la posizione dell’impiegato come proiezione dello status di cittadinanza. In questo modo si pone in stretto collegamento l’affidamento di funzioni pubbliche con i rapporti politici.
Peraltro è stabilito che tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso, possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i principi e requisiti stabiliti dalla legge, d’altronde i pubblici impiegati-dipendenti pubblici sono al servizio esclusivo della Nazione e i cittadini a cui sono affidate funzioni pubbliche, hanno il dovere di adempiere con disciplina ed onore nei casi stabiliti dalla legge.
Nonostante tali affermazioni si ritiene che la Costituzione non contempli la riserva degli uffici pubblici a favore dei cittadini italiani. Ma per comprendere bene l’argomento è necessario approfondire la normativa sul pubblico impiego italiana con quella europea.
Infatti la normativa europea e gli sviluppi giurisprudenziali tengono conto del fatto che i cittadini stranieri non europei detti extracomunitari, possono accedere ai concorsi pubblici.
Motivi che limitano l’accesso al Pubblico Impiego per gli Extra-comunitari
La libera circolazione dei lavoratori pubblici e non, incontra limitazioni che sono:
- giustificati motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica;
Ma attenzione la pubblic service exeception, esclude l’applicazione delle norme europee ne caso in cui si tratti di attività interessate dall’esercizio di pubblici poteri: in pratica questa è l’espressione della “riserva di sovranità degli ordinamenti nazionali“.
La Corte di Giustizia Europea ha chiarito che un complesso di posti che implicano la partecipazione, diretta o indiretta, all’esercizio dei pubblici poteri ed alle mansioni che hanno ad oggetto la tutela degli interessi generali dello Stato o delle altre collettività pubbliche, presuppone infatti da parte dei loro titolari, l’esistenza di un rapporto particolare di solidarietà nei confronti dello Stato nonchè la reciprocità di diritti e doveri che costituiscono il fondamento del vincolo di cittadinanza.
La pubblica amministrazione per i giudici europei
In linea di massima nella nozione di pubblica amministrazione tutti quei posti che hanno un rapporto con attività specifiche della pubblica amministrazione in quanto incaricata dall’esercizio dei pubblici poteri e responsabile della tutela degli interessi generali dello Stato, cui vanno equiparati gli interessi propri delle collettività pubbliche, come per esempio le amministrazioni comunali..
In pratica ciò che conta non è la natura o la qualità del datore di lavoro, la nomina in ruolo dell’impiegato o la qualifica, ma le funzioni effettivamente svolte.
I criteri generali elaborati dalla giurisprudenza son due:
- l’impiego deve comportare l’esercizio, sia pure indiretto, di pubblici poteri;
- l’impiego deve riguardare la tutela degli interessi generali dello Stato o delle pubbliche collettività.
D’altronde la Commissione europea ha ritenuto che i membri non possono in maniera generale, assoggettare la totalità dei posti rientranti nei settori considerati ad un requisito di cittadinanza senza oltrepassare limiti alla deroga.
Guida al pubblico impiego in Italia per gli Immigrati
Il legislatore italiano, per adeguarsi ai principi stabiliti dall’Unione Europea ha stabilito che i cittadini degli Stati membri della Comunità economica europea possono accedere ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri ovvero non attengono alla tutela dell’interesse nazionale.
In attuazione subentra il D.P.C.M. del 1994 che definisce i posti e le tipologie di funzioni per il cui esercizio è richiesto il possesso della cittadinanza italiana.
I posti per i quali non si può prescindere dal possesso della cittadinanza italiana vengono individuati con riferimento al livello dirigenziale o di vertice nelle amministrazioni dello Stato, delle autonomie territoriali e degli altri enti pubblici non economici e con riferimento all’appartenenza a determinate carriere o a determinate amministrazioni.
Le funzioni per le quali è richiesto il possesso della cittadinanza sono quelle che comportano l’elaborazione, l’esecuzione di provvedimenti autorizzativi e coercitivi, la decisione e il controllo di legittimità e di merito.
L’esclusione degli stranieri è automatica nel caso di concorsi pubblici, i cui posti, sono riservati ai cittadini italiani.
I giudici amministrativi tuttavia, hanno rilevato che non si può applicare la riserva di cittadinanza a tutti i posti dei livelli dirigenziali, occorrendo invece verificare caso per caso che lo specifico posto comporti l’esercizio di pubblici poteri.
E’ sempre l’interesse nazionale a far da perno e ad escludere gli stranieri dai concorsi pubblici riservati agli italiani.
Di conseguenza, l’Assemblea Nazionale riconosce e dichiara, in presenza e sotto gli auspici dell’Essere Supremo, i seguenti diritti dell’uomo e del cittadino.