Con la presente circolare, si forniscono chiarimenti in merito alla possibilità, per i contribuenti interessati, di procedere al cosiddetto “ravvedimento operoso”, in presenza di violazioni derivanti da condotte connotate da “frode”. In particolare, i predetti chiarimenti, forniti anche allo scopo di tenere conto delle richieste pervenute dalle strutture operative dell’Agenzia delle entrate, nonché da operatori e contribuenti, sono finalizzati a rendere coerenti le diverse disposizioni intervenute, negli ultimi anni, che hanno interessato, da un lato l’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 (Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie), dall’altro le norme contenute nel decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto).
Ravvedimento operoso e indicazioni contenute nella circolare n. 180/E del 1998
Nel fornire indicazioni in merito al decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, la circolare n. 180/E del 10 luglio 1998 precisava che le « finalità del [nuovo] ravvedimento sono quelle di permettere all’autore (o agli autori) ed ai soggetti solidamente obbligati di rimediare spontaneamente […] alle omissioni e alle irregolarità commesse, beneficiando così di una consistente riduzione delle sanzioni amministrative previste o, addirittura, in taluni casi, della non applicazione delle sanzioni stesse, con possibili riflessi positivi anche agli effetti penali. La norma ha mantenuto il principio secondo cui il ravvedimento non è consentito una volta che siano iniziati controlli fiscali nei confronti del contribuente. […]
Tuttavia, dal tenore letterale della disposizione contenuta nel comma 1, lettera b), dell’art.13 è individuabile una implicita ma chiara limitazione all’esercizio della facoltà di cui trattasi. Si ritiene, infatti, che l’espresso riferimento di tale norma alla “regolarizzazione degli errori e delle omissioni” si traduca inevitabilmente in una reclusione, circa la possibilità di ravvedimento, nei confronti di quei comportamenti antigiuridici che non abbiano origine da un errore o da un’omissione.
Tipico è il caso delle fatture per operazioni inesistenti, che assume rilevanza sia nel campo dell’Iva che in quello delle imposte sui redditi. Com’è noto, il problema dell’applicabilità del ravvedimento anche alla suddetta ipotesi era stato risolto, sotto il previgente regime, in senso favorevole dalla Suprema Corte di Cassazione (cfr. sentenza 24 luglio 1995, n. 2215) senza, però, che al riguardo fosse possibile intravedere un principio giurisprudenziale consolidato.
Evoluzione normativa del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74
L’articolo 11 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158 (c.d. “Riforma del sistema sanzionatorio tributario”), sostituendo integralmente l’articolo 13 del d.lgs. n. 74 del 2000, ha introdotto nel sistema penale tributario, con decorrenza dal 22 ottobre 2015, talune cause di non punibilità per alcune fattispecie di reato.
In particolare, il novellato comma 1 del citato articolo 13 dispone che per i reati individuati negli articoli 10-bis (omesso versamento di ritenute dovute o certificate), 10-ter (omesso versamento di IVA) e 10-quater, comma 1 (indebita compensazione di crediti non spettanti), del d.lgs. n. 74 del 2000, è esclusa la punibilità se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, compresi interessi e sanzioni, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative o di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché del ravvedimento operoso.
L’articolo 13, comma 2, del d.lgs. n. 74, come modificato dall’articolo 39, comma 1, lettera q-bis), del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157, dispone poi – per i reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o documenti per operazioni inesistenti ovvero mediante altri artifici, nonché di dichiarazione infedele ed omessa (articoli 2, 3, 4 e 5 del medesimo d.lgs. n. 74) – l’esclusione della punibilità «se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo».
Tale esimente opera – a decorrere dal 24 dicembre 2019 per le fattispecie di cui agli articoli 2 e 3 del d.lgs. n. 74 (cfr. l’articolo 39, comma 3, del decreto legge n. 124 del 2019) – «sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali» (così sempre l’articolo 13, comma 2, del d.lgs. n. 74 del 2000).
Sempre con decorrenza dal 22 ottobre 2015, l’articolo 12, comma 1, del d.lgs. n. 158 del 2015, ha introdotto nel d.lgs. n. 74 del 2000 l’articolo 13-bis, rubricato “Circostanze del reato”, il cui comma 1 prevede che, al di fuori dei casi di non punibilità dei reati tributari, il pagamento integrale dei debiti tributari – ivi compresi gli interessi e le sanzioni amministrative, anche a seguito delle speciali procedure conciliative o di adesione all’accertamento, previste dalle norme tributarie – comporta la diminuzione fino alla metà delle pene previste per i delitti di cui al d.lgs. n. 74 del 2000, alla quale si aggiunge la non applicazione delle pene accessorie indicate nell’articolo 12, a condizione che lo stesso pagamento avvenga prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado.
Il successivo comma 2 dell’articolo 13-bis subordina la richiesta di patteggiamento (articolo 444 c.p.p.) al ricorrere delle circostanze indicate nel comma 1, ovvero in caso di pagamento integrale degli importi dovuti per estinguere i debiti tributari, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonché al ricorrere del ravvedimento operoso, fatte salve le ipotesi di cui all’articolo 13, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 74 del 2000
Volendo sintetizzare quanto appena ricordato, deve dirsi che, ad oggi, dopo la riforma intervenuta con il d.lgs. n. 158 del 2015, l’estinzione del debito tributario mediante pagamento del quantum dovuto, a seconda del tipo di reato tributario commesso, può consentire l’esclusione della punibilità (articolo 13 del d.lgs. n. 74 del 2000), oppure l’applicazione di una circostanza attenuante (articolo 13-bis, comma 1, del medesimo d.lgs. n. 74). Inoltre, sulla base dei citati articoli 13 e 13-bis del d.lgs. n. 74 del 2000, lo specifico riferimento al ravvedimento c.d. “operoso” di cui all’articolo 13 del d.lgs. n. 472 del 1997:
- costituisce una causa di esclusione della punibilità per i reati di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, sempreché sia intervenuto prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, e per i reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1), se sia intervenuto prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado;
- rappresenta uno dei presupposti (insieme agli altri istituti di definizione previsti dalle norme tributarie) ai fini della richiesta di patteggiamento. L’esclusione della punibilità disposta per il reato di cui all’articolo 5, dal citato articolo 13, comma 2, ricorre anche nell’ipotesi di presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, al verificarsi delle condizioni ivi contemplate.
A tale riguardo occorre tuttavia rilevare che, nel caso in cui la dichiarazione sia omessa, perché presentata oltre il termine di 90 giorni di cui all’articolo 2, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, le sanzioni ad essa relative non possono essere oggetto di spontanea regolarizzazione mediante ravvedimento operoso e, pertanto, sono da versare in misura piena.
Parziale superamento dei chiarimenti contenuti nella circolare n. 180/E del 1998
L’evoluzione normativa succintamente tratteggiata nei punti precedenti e, in particolare, l’inserimento, al comma 2 dell’articolo 13 del d.lgs. n. 74 del 2000, del riferimento esplicito agli articoli 2 e 3 del medesimo decreto ha, in estrema sintesi, disciplinato, nelle ipotesi di estinzione del debito tributario, l’estensione delle cause di non punibilità anche ai reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici. Tale previsione conferma la volontà del legislatore di incentivare progressivamente il ricorso al ravvedimento operoso ai fini degli effetti penali, senza alcuna distinzione circa la tipologia di reato tributario contestato.
Il predetto comma 2 dell’articolo 13 del d.lgs. n. 74 del 2000, nonché il comma 2 del successivo articolo 13-bis, nella versione attualmente vigente, legittimano, quindi, l’accesso all’istituto del ravvedimento operoso anche per le condotte dichiarative fraudolente, regolandone le conseguenze penali e precisando le condizioni alle quali tali effetti si realizzano. Disciplinando gli effetti penali prodotti dal ravvedimento – mediante integrale pagamento degli importi dovuti – prima e dopo l’avvio di qualunque attività istruttoria, la norma ammette di fatto la legittimità del ravvedimento stesso anche sotto il profilo sanzionatorio amministrativo. Ciò fermo restando che la legittimità del ravvedimento in ambito amministrativo non soggiace ai limiti posti dalla normativa sanzionatoria penale. Si pensi, a titolo di esempio, a quanto previsto dall’articolo 13, comma 2, del d.lgs. n. 74 del 2000 (i.e. la «formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali»), che spiega i suoi effetti solo ai fini penali e non anche ai fini del perfezionamento del ravvedimento ai sensi dell’articolo 13 del d.lgs. n. 472 del 1997.
Alla luce delle intervenute modifiche legislative, deve dunque ritenersi superata la preclusione al ravvedimento in presenza di condotte fraudolente come espressa con la circolare n. 180/E del 1998, riconoscendo al contribuente la possibilità di accedere allo strumento del ravvedimento operoso per regolarizzare anche le violazioni fiscali connesse a condotte fraudolente.
In linea con le indicazioni in precedenza rese risultano anche i chiarimenti recentemente forniti nella circolare n. 31/E del 23 dicembre 2020 in tema di crediti di imposta ricerca e sviluppo e di ravvedimento nel caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti, violazione cui si applica la sanzione di cui
all’articolo 13, comma 5, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471. Nel documento di prassi, in particolare, si è precisato che «Fermo restando che per tale sanzione non è applicabile la definizione agevolata prevista dagli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, del decreto legislativo n. 472 del 1997, si rammenta che:
- il contribuente può beneficiare della riduzione delle sanzioni prevista dall’articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997 (cd. ravvedimento), anche
successivamente alla constatazione della violazione, ma comunque prima che sia stato notificato l’atto di recupero».
Resta fermo che la possibilità di ricorrere al ravvedimento operoso per regolarizzare violazioni fiscali anche connesse a condotte fraudolente: - a) incontra i limiti propri di tale istituto, come individuati negli articoli 13 e 13-bis del d.lgs. n. 472 del 1997 e cioè il rispetto delle regole amministrative
previste, a prescindere dalle valutazioni che competono al giudice in sede penale;
b) deve comunque tener conto delle situazioni concretamente in essere e dei relativi riflessi sul quantum della sanzione base. Così, ad esempio, a fronte di un processo verbale dell’autorità competente che constati violazioni legate a condotte fraudolente, sarà possibile il ravvedimento ex articolo 13, comma 1, lettera b-quater), del d.lgs. n. 472. Questo, tuttavia, quale regolarizzazione che avviene dopo la constatazione della violazione, dovrà prendere a riferimento la sanzione determinata applicando a quella per infedele dichiarazione la maggiorazione del cinquanta per cento prevista quando la violazione è realizzata mediante l’utilizzo di fatture o altra documentazione falsa o per operazioni inesistenti, mediante artifici o raggiri, condotte simulatorie o fraudolente (cfr. articoli 1, comma 3 e 5 comma 4-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471);
c) non pregiudica in alcun modo le valutazioni sull’efficacia e gli effetti del ravvedimento amministrativo o su quelli dell’estinzione totale o parziale del debito in ambito penale demandate all’Autorità giudiziaria, rimanendo peraltro fermo l’obbligo per gli Uffici di procedere, al ricorrere dei requisiti legislativamente fissati, alla denuncia della notitia criminis ex articolo 331 c.p.p..