La proposta era questa: Statali 30 ore di lavoro alla settimana per tutti, non più 36.
Nella pubblica amministrazione, secondo il progetto di riforma del PD – si introdurrebbe il limite massimo per legge di 30 ore di lavoro settimanali, anziché 36, con le dovute eccezioni per alcune categoria di lavoratori.
Sarà agevolato anche il part time per chi ne volesse fare uso.
In questo modo verrebbero creati nuovi posti di lavoro a salario ridotto, ma al contempo sarà concesso ai lavoratori di poter svolgere altri lavori nel settore privato a integrazione del minor salario percepito.
L’emergenza Covid-19 imporrà anche lo smart working nella pubblica amministrazione, soprattutto nel settore impiegatizio, per cui verrebbe meno, in molti casi, la necessità di stare in ufficio per 36 ore la settimana con innalzamento del livello della produttività dei lavoratori a distanza.
La proposta ha un costo stimato per lo Stato di 800 milioni il primo anno, 1,6 mld il secondo, 2,3 miliardi il terzo e a regime 2,8 miliardi. I potenziali occupati aggiuntivi – se tutte le aziende assumessero con le risorse che si liberano con il taglio delle ore – potrebbero arrivare a 750 mila: 150 mila dalla defiscalizzazione dei contratti a 30 ore e del part-time volontario, 100 mila grazie alla “quota 30” nella Pubblica amministrazione e almeno 500 mila dal disincentivo delle ore di straordinario.
Al momento è tutto fermo.